La luna che uccide by N.K. Jemisin

La luna che uccide by N.K. Jemisin

autore:N.K. Jemisin
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fanucci Editore
pubblicato: 2014-01-13T16:00:00+00:00


20

Madre Luna, dimmi quando

Ai-yeh, yai-yeh, e-yeh

Fratello Sonno chiamerà

Ai-yeh, an-yeh, e-yeh

Quando è notte e il fiume danza?

Ai-yeh, o-yeh, e-yeh

O nei sogni al chiar di luna?

Ai-yeh, hai-yeh, e-yeh

Madre Luna, dimmi chi

Ai-yeh, kuh-yeh, e-yeh

Mio fratello a casa porterà

Ai-yeh, si-yeh, e-yeh

Se lo accolgo con un canto

Ai-yeh, nai-yeh, e-yeh

Poi da solo canterò?

(Saggezza)

Dopo un giorno di viaggio, la carovana attraversò un affluente del Sangue della Dea superando un villaggio chiamato Ketuyae. Lì, Nijiri aveva potuto osservare per la prima volta la vita della gente che abitava presso la sorgente del fiume. Le canzoni ritmate delle lavandaie gli riecheggiavano in testa insieme ai ricordi meno piacevoli della miseria umana. A Ketuyae le case non erano altro che tettoie fatte di fango, ramoscelli e foglie di palma. Il villaggio era così minuscolo da non meritare un tempio di Hananja; Nijiri vide soltanto un Guaritore sovraccarico di lavoro la cui capanna era poco più dignitosa delle altre. Non c’erano cripte pubbliche per i morti, soltanto lotti di terra dove i cadaveri venivano seppelliti in modo approssimativo. E non erano neanche inceneriti! Non vide nessun pozzo pulito, nessun bagno pubblico. Non era riuscito a distinguere i ricchi dai servi. Quando aveva chiesto a un membro della carovana se i bambini del villaggio ricevessero un’istruzione di qualche tipo, aveva ottenuto in risposta solo una scrollata di spalle.

E ora Ketuyae era un bel ricordo. Avevano ripreso il faticoso viaggio da due giorni, prima attraverso aride colline rocciose, poi nelle vaste dune spazzate dal vento del Deserto delle Millemiglia. Nijiri sapeva che in realtà il deserto non si estendeva per mille miglia, ma era difficile credere il contrario quando voltandosi in groppa al suo cammello non vedeva altro che sabbia e miraggi in ogni direzione, e pensò che i restanti quattro giorni di viaggio gli sarebbero sembrati più di mille anni.

Quando ormai si era perso nella triste contemplazione della graniglia che aveva negli occhi, del caldo afoso e dei rivoli di sudore che gli solleticavano la schiena, alcuni schizzi d’acqua fredda sul viso e sul collo lo riportarono bruscamente alla realtà. Nijiri gemette, e guardandosi intorno vide Kanek, uno dei figli di Gehanu, che gli sorrideva con una borraccia aperta tra le mani in groppa a un altro cammello.

«Sveglia, ragazzo di città.» Kanek sorrideva. «Siamo quasi arrivati.»

«Arrivati...?» Nijiri sbatté le palpebre per allontanare le gocce d’acqua dagli occhi e cercò di capire. Non potevano essere già a Kisua. E perché Kanek sprecava l’acqua?

«L’oasi di Tesa, ragazzo. Vedi?»

Kanek indicò un punto davanti a loro. Nijiri seguì la linea del braccio e vide quello che all’inizio gli sembrò soltanto un altro miraggio scintillare all’orizzonte. Poi notò le palme puntate verso il cielo e le case intorno ai loro tronchi.

Kanek lo schizzò ancora con l’acqua. «Presto potremo farci un bel bagno, bere quanto vogliamo e lavarci le vesti, così non puzzeremo più come escrementi. Perciò svegliati!»

Il suo buonumore era contagioso, e anche Nijiri cominciò a schizzargli acqua addosso, bagnandolo per bene prima che, molti cammelli più avanti, Gehanu si voltasse e li fulminasse con gli occhi per richiamarli all’ordine.



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